L’adozione: il diritto del minore ad avere una famiglia

L’adozione: il diritto del minore ad avere una famiglia

L’adozione: il diritto del minore ad avere una famiglia.

Con la legge n°184 del 1983 è stata modificata la disciplina dell’adozione dei minori.

Detta legge ha, infatti, mutato la funzione dell’istituto de quo.

Anteriormente, sotto la vigenza del codice civile del 1942, la funzione dell’istituto è quella di consentire ad una persona, avente cinquanta anni d’età e priva di figli, di assumere come figlio una persona, minore degli anni diciotto, cui trasmettere il proprio nome ed i propri beni.

Successivamente, si è avvertita l’esigenza di utilizzare la adozione per assicurare una famiglia ai minori privi dei genitori o che non godano di una adeguata situazione familiare.

Da qui l’emanazione della legge n°184 del 1983.

Con tale legge, l’adozione diviene lo strumento di realizzazione di un vero e proprio diritto del minore ad avere una famiglia, intesa come luogo per conseguire ogni cura ed educazione e luogo di sviluppo della propria personalità.

L’adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità.

Dichiarazione questa che è ammessa nei confronti dei minori che si trovino in stato di abbandono.

Quest’ultimo postula che il minore sia privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi.

Sussiste la situazione di abbandono quando il bambino sia adeguatamente curato, ma non dalla sua famiglia di origine ma da parte di terzi.

Diversamente, lo stato di abbandono non è sussistente in presenza di una causa di forza maggiore che impedisca ai genitori di svolgere, transitoriamente, la normale funzione educativa.

La competenza a dichiarare lo stato di adottabilità è attribuita al Tribunale per minorenni.

Questi, d’ufficio o su segnalazione dello stato di abbandono del minore, deve intervenire con urgenza.

Viene quindi promossa una complessa procedura, in cui è assicurato il diritto di difesa dei genitori, e al termine della quale viene emessa la dichiarazione di adottabilità.

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La dichiarazione di adottabilità viene pronunciata con sentenza nei seguenti casi:

1) quando i genitori ed i parenti, convocati dal tribunale, non si siano presentati senza giustificato motivo;

2) quando dall’audizione dei genitori e parenti sia emersa la persistenza della situazione di abbandono;

3) in caso di responsabilità dei genitori per l’inadempimento delle prescrizioni impartite dal tribunale nel corso del procedimento;

4) in caso di prolungato periodo di affidamento del minore in favore della famiglia affidataria.

Avverso tale sentenza, i genitori, i parenti o il pubblico ministero possono proporre impugnazione che può svolgersi in più gradi di giudizio.

L’adozione è consentita, soltanto, ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o che abbiano stabilmente e continuativamente convissuto prima del matrimonio per un ugual periodo.

I coniugi non devono essere separati, neanche soltanto di fatto.

Devono essere idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare.

Qualora i coniugi si separino durante il procedimento, l’adozione verrà disposta in favore di uno di essi o di entrambi, nell’interesse esclusivo del minore.

Diversamente, l’adozione non è consentita in Italia da parte di una persona sola o da coppie conviventi more uxorio.

L’età di entrambi gli adottanti deve superare di almeno diciotto anni l’età dell’adottando e non deve superare di più di quarantacinque anni l’età del medesimo.

Tuttavia, l’intervento riformatore attuato con la legge n°149 del 2001 ha derogato a tali limiti di età, quando il tribunale accerti che dalla mancata adozione deriverebbe un danno grave ed inevitabile al minore.

A seguito della dichiarazione di adottabilità, il minore viene collocato in affidamento preadottivo alla coppia ritenuta idonea.

Il provvedimento può essere emanato previa audizione del minore che abbia compiuto i dodici anni di età e anche di quello di età inferiore se dotato della capacità di discernimento.

Se il minore è maggiore di quattordici anni deve espressamente manifestare il proprio consenso alla coppia prescelta.

L’affidamento preadottivo instaura una sorta di adozione provvisoria che dura almeno un anno.

Qualora la famiglia affidataria chieda l’adozione del minore, il tribunale per minorenni nella sua decisione dovrà tenere conto dei legami affettivi tra il minore e la famiglia affidataria.

In caso di esito positivo del periodo di affidamento preadottivo, il tribunale, sentiti tutti gli interessati ed il minore stesso, pronuncia la adozione o dispone di non far luogo alla adozione.

In entrambe le ipotesi la sentenza è impugnabile.

L’adozione ha quale effetti:

1) l’acquisto in capo al minore dello status di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume il cognome;

2) la cessazione di ogni rapporto con la famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali per evitare casi di incesto.

La sentenza di adozione va annotata nei registri degli atti di nascita.

Può essere annotata anche la sentenza di adozione pronunciata all’estero.

L’adottato ha diritto di essere reso edotto della propria condizione.

Ha, altresì, diritto di accedere alle informazioni relative alla sua origine ed alla identità dei genitori biologici dopo il raggiungimento del venticinquesimo anno di età.

Tale diritto è riconosciuto all’adottato anche dopo il raggiungimento della maggiore età se sussistono motivi attinenti alla salute psicofisica dell’interessato.

Il tribunale, prima di concedere l’accesso alle notizie richieste, deve valutare che non ciò non rechi un grave pregiudizio all’equilibrio psicofisico del richiedente.

L’autorizzazione non è, invece, richiesta per l’adottato maggiorenne quando entrambi i genitori biologici siano deceduti o divenuti irreperibili.

Può anche accadere che, pur non essendo il minore in stato di abbandono o quando la adozione non sia pienamente realizzabile, si possa comunque procedere alla adozione.

Ciò avviene al ricorrere dei casi particolari di cui all’art. 44 della legge n°184 del 1983.

E precisamente:

1) minore orfano.

Si tratta dell’ipotesi di minore orfano di entrambi i genitori.

Il minore può essere adottato da coloro che vantano con il medesimo un vincolo di parentela fino al sesto grado.

Può essere adottato anche da coloro che vantano con il minore un rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori perché coniuge non separato o anche persona singola.

Infatti, in forza della legge n°173 del 2015, il minore orfano di entrambi i genitori può essere adottato da parte di chi, pur non essendo legato da alcun rapporto di parentela, abbia maturato una relazione continuativa con il minore, nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento.

2) minore figlio del coniuge dell’adottante.

Si tratta dell’ipotesi del minore già figlio di una persona che sia coniugata con persona diversa dall’altro genitore.

È ammessa da parte di quest’ultimo l’adozione del minore, figlio del coniuge.

3) minore orfano di padre e madre, affetto da handicap.

Si tratta dell’adozione di minore portatore di handicap ex legge n°104 del 1992.

4) minore per il quale risulti impossibile l’affidamento preadottivo.

In merito a tale ipotesi si registra una recente pronuncia dei giudici di legittimità.

A seguito dell’introduzione della legge Cirinnà del 2016, la Corte di Cassazione ha autorizzato l’adozione, da parte di una donna, della figlia della propria compagna, concepita con la tecnica della fecondazione assistita, ritenendola nell’interesse della minore.

Nei casi particolari di cui all’art. 44, va evidenziato che con la adozione il minore non acquista, come nella adozione piena, lo status di figlio degli adottanti.

Tuttavia, gli spettano nei confronti degli adottanti tutti i diritti propri del rapporto di filiazione.

E quindi il diritto al mantenimento, alla istruzione ed alla educazione.

Non cessano, invece, i rapporti con la famiglia di origine.

Rimane ferma l’importanza dei nuovi rapporti con l’adottante. 

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