Atti persecutori: dallo stalking sentimentale allo stalking settoriale

Atti persecutori: dallo stalking sentimentale allo stalking settoriale

Atti persecutori: dallo stalking sentimentale allo stalking settoriale.

Con la legge n°38 del 2009 è stato introdotto nel nostro ordinamento l’art. 612 bis c.p., contenente la disciplina del delitto di atti persecutori (cd. stalking).

Orbene, l’art. 612 bis c.p. sancisce al primo comma che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la pena della reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta qualcuno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura o da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva o da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La legge n°69 del 2019, meglio nota come Codice Rosso, ha inasprito il trattamento sanzionatorio del delitto in esame.

Infatti, nei successivi commi è previsto un innalzamento della pena al ricorrere di determinate circostanze aggravanti.

Precisamente, la pena è aumentata qualora

1) il fatto sia commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

2) il fatto sia commesso mediante l’utilizzo di strumenti informatici o telematici.

3) il fatto sia commesso ai danni di un minore, di una donna in stato di gravidanza, di persona con disabilità ex legge n°104/1992 o con armi o da persona travisata.

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Si tratta di un delitto perseguibile a querela della persona offesa.

Il termine di proposizione è di sei mesi decorrenti dal giorno di commissione del fatto di reato.

Tuttavia, è ammessa la procedibilità d’ufficio quando il fatto sia commesso ai danni di un minore o di persona con disabilità o quando sia commesso con altro delitto procedibile d’ufficio.

La competenza è del Tribunale in composizione monocratica.

Il bene giuridico tutelato dalla norma si ravvisa nella libertà morale o nella serenità psichica della vittima.

Si ravvisa anche nella sua libertà fisica, sub. specie di incolumità fisica, nel caso in cui le condotte incriminate sfocino in atti più gravi.

Si tratta di un reato comune, potendo essere commesso da chiunque.

In genere, il soggetto attivo del reato è chi è legato alla vittima da rapporti affettivi o sentimentali, quali un fidanzato, un ex marito.

È un reato abituale proprio, sostanziandosi in comportamenti che, singolarmente realizzati, potrebbero anche non assumere rilevanza penale o potrebbero integrare una differente fattispecie criminosa.

Sussiste il delitto di atti persecutori anche nel caso in cui il fatto venga compiuto con due soli episodi di violenza o minaccia.

È, altresì, un reato ad evento di danno, postulando non solo un comportamento molesto o minaccioso ma anche il verificarsi di una alterazione nell’equilibrio della vittima.

Il tentativo di atti persecutori è configurabile.

In ordine all’elemento soggettivo, si evidenzia che si tratta di un reato punibile a titolo di dolo generico, richiedendo in capo al reo la rappresentazione degli effetti psicologici concretamente realizzati dalla propria condotta.

Si richiede, inoltre, la consapevolezza dei precedenti attacchi perpetrati ai danni della vittima e dell’apporto che ciascuno di essi arreca alla sfera privata della persona offesa.

In merito all’elemento oggettivo, l’art. 612 bis incrimina la reiterazione della condotta di minaccia o molestia, causativa di uno dei tre eventi alternativi espressamente tipizzati dalla norma stessa. E precisamente:

1) Un perdurante stato di ansia o di paura della vittima; tale stato prescinde dall’accertamento di un vero e proprio stato patologico e non richiede necessariamente una perizia medica.

Il giudice può argomentare la sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell’agente sull’equilibrio psichico della persona offesa anche sulla base di massime di esperienza.

2) Un fondato timore per la propria incolumità o per quella di una persona ad essa affettivamente legata; in questo caso, l’esistenza di precedenti condanne a carico dell’agente per reati affini allo stalking, quali percosse, maltrattamenti, minacce, commessi ai danni della stessa vittima, rinforza il giudizio di ragionevolezza dei timori palesati dalla vittima e del conseguente mutamento indotto delle abitudini di vita.

3) Una costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita; in questo caso la reiterazione dei comportamenti molesti o minacciosi deve essere tale da compromettere la libertà morale della vittima.

Conseguentemente, quest’ultima non è più in grado di autodeterminarsi liberamente e senza condizionamenti.

Il predetto delitto si presenta come reato a forma libera, potendo tale fattispecie criminosa assumere le più disparate forme di manifestazione.

Infatti, l’ambito di applicazione dell’art. 612 bis c.p. non è più circoscritto ai soli scenari amorosi/affettivi come originariamente proposto dal legislatore del 2009.

Esso si protrae, in forza di una interpretazione estensiva ad opera della giurisprudenza, a tutti quegli ambiti nei quali si può manifestare una condotta persecutoria penalmente rilevante ai sensi dell’art. 612 bis c.p..

Tra tali forme di manifestazione introdotte dalla giurisprudenza vi sono i cd. stalking condominiale, stalking occupazionale e stalking giudiziario.

Stalking condominiale:

Viene sanzionata penalmente la condotta di chi pone in essere comportamenti molesti e persecutori nei confronti dei vicini di casa con le stesse modalità previste dall’art. 612 bis c.p..

Non si tratta di una nuova fattispecie codificata dal legislatore.

La giurisprudenza l’ha estesa alla tutela di coloro che subiscono, anche in via indiretta, turbative al godimento della tranquillità quotidiana nella propria abitazione.

Nell’alveo delle condotte moleste rientrano le immissioni rumorose, le immissioni odorose.

E ancora, il disordine lasciato negli spazi comuni, il cattivo mantenimento degli stessi per noncuranza di alcuni inquilini.

Comportamenti questi che, se costanti e reiterati, possono far ritenere sussistente il reato di atti persecutori laddove sussista l’elemento soggettivo del dolo generico identificato, come si è detto, nella volontà e nella consapevolezza dell’agente del disturbo arrecato.

Stalking occupazionale:

In tal caso, viene in rilievo una forma di attività persecutoria che viene esercitata nella vita privata della vittima, ma la cui motivazione proviene dall’ambiente di lavoro.

Ad assumere rilevanza penale è la reiterazione di plurime condotte dell’agente volte ad esprimere ostilità verso la vittima e preordinati a mortificare ed a isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro.

Il reo cagiona uno stato di prostrazione psicologica, compromettendo la libertà morale della vittima ed impedendole di autodeterminarsi liberamente con conseguente causazione di uno degli eventi descritti tassativamente dall’art. 612 bis c.p..

Stalking giudiziario:

Assume rilevanza penale la reiterata proposizione di azioni legali in sede civile, penale o amministrativa al solo scopo di generare in capo al destinatario uno stato di angoscia o di prostrazione, tale da cagionare uno degli eventi di cui all’art. 612 bis c.p..

Viene, pertanto, sanzionato l’uso distorto dello strumento giudiziario per fini vessatori, divenendo il ricorso all’autorità giudiziaria espressione di un utilizzo abusivo e deformato del diritto.

Detto in altri termini, le azioni esercitate non sono altro che degli strumenti molesti e persecutori, riconducibili pienamente alla fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p..

La strumentalità delle azioni esperite è idonea ad arrecare nocumento non solo al privato, destinatario dell’azione legale, ma anche alla stessa macchina giudiziaria.

Questa risulta, infatti, distolta dai suoi obiettivi con conseguente lesione del perseguimento dell’interesse pubblico volto al corretto funzionamento della giustizia.

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